Muzio Clementi Ci Insegna A Comporre

Introduzione

Molto spesso chi ascolta Musica non si chiede perché una composizione sia scritta in un determinato modo: il fenomeno compositivo viene considerato popolarmente prodotto di decisioni perlopiù irrazionali, che non sono sempre traducibili a parole. Quando rispondiamo a questa domanda in un modo così semplicistico, il processo attraverso il quale i compositori attuano le proprie scelte artistiche non viene esplicitato. Questo è assolutamente deleterio soprattutto per gli interpreti, che hanno il compito d’illuminare le caratteristiche più rilevanti di una composizione, e pertanto necessitano di una conoscenza critica e analitica per porsi le giuste domande sullo spartito. Perché Clementi scrive la prima battuta della Sonatina in do maggiore opus 36 come do-mi-do-sol-sol e non sol-si-sol-re-re, che sarebbe la stessa identica cosa ma trasposta? Perché questa caratteristica è rilevante? Perché non scrive in nove ottavi invece che in quattro quarti? Perché non usa intervalli più ampi? Perché ogni punto culminante è fatto seguire nel tema e nella ripetizione del tema rispettivamente da una cascata e un geyser di note? Perché quelle note ritmicamente valgono la metà della figura più grande che troviamo nella prima battuta del tema? Tutte queste domande sono molto complesse, ma partono da una premessa che è molto chiara: non chiedono, in senso generale, perché la composizione è scritta com’è scritta?, ma più precisamente perché quella composizione è scritta com’è scritta e non in un altro modo?

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Ti anticipo che la risposta sarà contenuta nell’intero processo che ti mostrerò tra queste righe, poiché non può essere sintetizzata in una sola frase. Ci serviremo di un metodo che ho ideato personalmente, in cui daremo libero sfogo al nostro estro compositivo per poi riallinearci gradualmente agli intenti del compositore. Se sei un esperto di Composizione, probabilmente troverai molti dei passaggi mostrati di seguito macchinosi e superflui: per favore, ricorda che hanno uno scopo prettamente pedagogico e sono scritti appositamente come li scriverebbe un principiante. Darò per scontato che tu abbia una conoscenza di base del Solfeggio e dell’Armonia, che tu sappia analizzare un brano semplice secondo le tecniche indicate qui. Se ancora non sai fare niente di tutto questo, non preoccuparti: sei sempre in tempo per iniziare! Alcuni articoli del nostro blog ti suggeriranno le tecniche di studio per procedere a passo spedito. Inizia dall’articolo sul Solfeggio che trovi qui.

Premessa Storica

Prima d’iniziare, una breve premessa storica: il pianoforte iniziò a configurarsi come lo vediamo oggi soltanto a partire dalle innovazioni dei costruttori viennesi sulla meccanica. Non a caso si parla di “Scuola di Vienna” quando s’indicano quei compositori (Mozart, Beethoven e Haydn) che per primi diedero impulso allo sviluppo delle impressionanti potenzialità di questo strumento. Molta della didattica pianistica è stata scritta nel periodo della Prima Scuola di Vienna o negli anni immediatamente successivi, e ancora oggi nei Conservatori si utilizzano testi di quel periodo per insegnare i rudimenti musicali. Abbiamo scelto Muzio Clementi per prendere due pesci con una sola esca, e seguire gli scopi di questo Blog sul Pianoforte: approfondire questo autore ti consentirà non solo di avere una conoscenza storica delle radici del tuo strumento, ma anche di portarti avanti con gli studi qualora tu voglia approfondire il suo repertorio per un esame accademico o un obiettivo privato.

Step 1: Scegli Un Modello

Se guardi alle notizie biografiche che abbiamo dei grandi compositori del passato, scoprirai che questi imparavano a scrivere musica copiando tante volte i manoscritti o le edizioni delle composizioni più conosciute; poi, raggiunto un certo grado di conoscenza, essi rimaneggiavano, trascrivevano e variavano le partiture che avevano collezionato. Si trattava solo marginalmente di un’esigenza dettata dal fatto che non esistesse la stampa come la conosciamo oggi: attraverso la riscrittura, i compositori apprendevano dai propri predecessori. Soltanto alla fine di un lungo percorso di formazione poteva capitare che essi s’interessassero a compositori sconosciuti, una volta acquisiti i mezzi per potervi ricercare una certa originalità: moltissimi dei compositori che oggi conosciamo sono stati scoperti e resi celebri in questo modo. Naturalmente il procedimento di trascrizione di una partitura di per sé non basta ad avere i mezzi per ragionare sul fenomeno compositivo, per questo non era raro che un compositore facesse contemporaneamente seri studi di teoria e contrappunto, solfeggio e così via. Questo è il motivo per cui nel presente articolo daremo queste materie per assodate, almeno nei loro rudimenti. Cerchiamo con tali premesse di seguire l’esempio dei grandi che ci hanno preceduto: qui sotto trovi lo spartito delle già citate Sonatine di Muzio Clementi, nell’edizione URTEXT che ti consiglio personalmente. Se lo acquisterai dal banner in basso una piccola percentuale andrà a sostegno di questo blog.



Ti chiederai perché abbiamo scelto proprio delle sonatine per iniziare questo percorso. La risposta è semplice: esse ricalcano in miniatura la sonata, forma di cui abbiamo parlato ampiamente nell’articolo che trovi qui: se ricordi, avevamo detto che la sonata era stata usata dai più illustri maestri del passato come strumento pedagogico, poiché la sua struttura veniva impiegata in modo miniaturizzato per produrre composizioni in forma-sonata (che non erano necessariamente sonate vere e proprie). Avevamo detto, in altre parole, che persino una Ouverture d’opera può essere in forma-sonata. Per questo motivo si facevano eseguire all’allievo, spesso a prima vista, intere raccolte di sonate allo scopo non solo di prepararlo ad eseguirle, bensì anche a quello di plasmare la sua forma mentis. Questo perché nella sonata sono racchiusi in miniatura molti degli stratagemmi compositivi che s’impiegano nell’universo musicale. La sonatina non è altro che una semplificazione della sonata, cioè una sonata più piccola: perfetta, in una parola, per te che sei su un blog dedicato al Pianoforte e stai muovendo i primi passi nel mondo della Composizione.

Step 2: Apprendi Dal Modello

Della raccolta di dodici sonatine di Clementi prendiamo in esame la prima composizione: ce ne serviremo per inventare possibili alternative di scrittura, che confronteremo con le soluzioni compositive da lui adottate; cercheremo poi, in un secondo momento, d’imitarle il più possibile “correggendo” la nostra idea iniziale. Correggendo è tra virgolette perché tutti quelli che definiremo “errori” della nostra invenzione di partenza, saranno in realtà soltanto i modi attraverso i quali esploreremo la composizione cha abbiamo davanti: se dobbiamo imitare un quattro quarti in do maggiore, come nel caso della prima sonatina, è chiaro che qualsiasi scelta prenderemo che non sia scrivere in quattro quarti un brano in do maggiore risulterà, prima o poi, approssimativa… Ma ai fini del nostro esercizio, questo è proprio l’ideale: ci consentirà, come vedrai presto, di esplorare e di dare libero sfogo alla nostra creatività e al contempo di confrontare il nostro istinto con una possibile soluzione compositiva. Sei pronto per le ricche e inaspettate scoperte che stiamo per fare?

La prima cosa di cui ci dobbiamo occupare è quella di individuare il tema principale della composizione. Farlo non è semplice, perché questo potrebbe essere racchiuso in un inciso come in una frase intera. Un metodo efficace per capire di quale caso stiamo parando è quello di valutare il comportamento di ripetizione degli incisi e delle frasi. Ti faccio un esempio pratico: prendiamo in esame la prima battuta e chiediamoci se questa possa racchiudere già il tema della composizione.

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Vista così, ci dice tutto e niente. Il do al basso rimane fermo, l’accordo è quello di do maggiore. La melodia termina su un sol. Da questa analisi il frammento sembrerebbe avere un carattere compiuto, ma se non lo confrontiamo con ciò che viene dopo non possiamo trarre alcuna conclusione. Allarghiamo lo sguardo verso la battuta successiva:

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Il primo frammento si ripete e c’è solo una piccola variazione sull’ultimo sol, che viene fatto suonare all’ottava superiore. Ma questo di per sé non ci conferma se esso sia già il tema oppure no. Vediamo perché allargando ulteriormente il nostro sguardo:

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Come vedi, più allarghiamo il nostro sguardo, più ci accorgiamo di elementi nuovi. Le due battute iniziali si ripetono quasi identiche a battuta cinque e sei, e c’è una cascata di note che separa la prima ripetizione (battute 1-2) dalla seconda (battute 5-6). Allargando ancora di più lo sguardo, ci accorgiamo che quella stessa cascata di note si ripete ulteriormente con qualche variazione:

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La prima valida ripetizione per distinguere il tema è quindi quella delle prime quattro battute, perché dopo le quattro battute abbiamo una ripetizione degli elementi già visti in forma variata, e non c’è una ripetizione modulare dello schema in otto battute nella prima sezione del brano:

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Quest’ultimo è l’unico primo vero dato di conferma per l’individuazione del tema principale. Ma questo dato da solo non basta: osserviamo la seconda sezione della sonatina. Essa parte in maniera familiare:

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E prosegue in modo altrettanto familiare verso il sol, com’era successo per la prima sezione del brano:

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Lo schema non trova ripetizioni di sezioni più grandi di questa fino al termine della composizione: fatto che ci conferma inconfutabilmente la nostra intuizione iniziale. Ora che sappiamo che il tema è composto dalle prime quattro battute, possiamo trarre una prima conclusione: Clementi ha scelto di ripeterlo due volte nella prima sezione del brano. Oltre questa, sono presenti centinaia di altre caratteristiche che potremmo notare, per esempio l’uso di un arpeggio per il primo inciso, o il punto in cui viene introdotta l’alterazione transitoria, ma dobbiamo procedere un passo per volta. Se per ora riusciremo a creare un tema di quattro battute e a farlo ripetere due volte, potremo considerare la nostra prima missione compiuta.

Step 3: Ricalca Il Tema

Date le precedenti considerazioni, non ci resta che ideare il nostro tema di quattro battute. Possiamo scegliere la tonalità che ha usato Clementi, o muoverci altrove. Lo stesso vale per l’indicazione di misura: per il momento non dobbiamo prendere la tonalità del brano o la sua armonia come dati vincolanti, perché specificano sottocategorie concettuali assolutamente non determinanti per il punto dell’esercitazione in cui ci troviamo. Per il momento possiamo muoverci in un’analoga tonalità maggiore, come sol maggiore, e in un’indicazione di misura completamente diversa, come nove ottavi. L’importante è che il risultato ci soddisfi e risponda al nostro primo scopo, che per il momento è esclusivamente quello di creare un tema di quattro battute che si ripete due volte. Iniziamo col definire il primo inciso melodico: Clementi ci pone due esempi, un inciso arpeggiato ripetuto per due battute e un inciso melodicamente denso, ripetuto sempre per due battute ma con note molto vicine e salti sporadici. Scegliamo quello che più ci piace.

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Abbiamo usato possibilità di un motivo con gradi congiunti e salti sporadici. Per il secondo segmento del tema, utilizziamo la forma arpeggiata:

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Se conosci l’Armonia, ti sarai già reso conto che a battuta tre e quattro non è stato fatto altro che aggiungere due arpeggi di re maggiore ai quali sono state tolte delle note. Questa soluzione è assolutamente banale, ma a noi ora non interessa realizzare un capolavoro che rimarrà nella Storia della Musica quanto più che altro riscrivere seguendo le forme utilizzate da Clementi per ragionare sulle sue scelte compositive e trarre qualche possibile conclusione. Ora dobbiamo trovare il modo di ripetere il tema tornando alla nota iniziale: se vogliamo seguire il modello armonico di Clementi, dobbiamo sostituire il si che avevamo precedentemente scritto con un sol: in questo modo iniziamo e terminiamo sulla tonica, esattamente come lui ha fatto in do maggiore. Ecco il risultato:

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Noi siamo partiti con la realizzazione di una melodia, e ora dobbiamo scegliere un accompagnamento. Come ben saprai se conosci l’Armonia, il processo può essere invertito: si può anche partire da un basso d’armonia, e in quel caso è tutto più semplice, per poi realizzare una melodia. In questo contesto il dettaglio è superfluo: l’importante è non perdere di vista quali siano gli accordi e i punti di appoggio tonale che Clementi sta usando nella sua composizione. Il processo non dev’essere slegato: non devi pensare nei termini di armonizzazione di una melodia o viceversa, devi semplicemente imitare la concezione che vedi scritta. Il tema infatti è fatto anche di una precisa armonia, che non si può slegare dal suo aspetto melodico. Vediamo come si è mosso Clementi: al basso nelle prime due battute abbiamo un do, è scritto staccato e dura solo un tempo per conferire il carattere di slancio melodico-ritmico alla mano destra. Nelle due battute successive, che rappresentano il modello che noi abbiamo utilizzato per le nostre prime due battute, il do è ripetuto per bilanciare lo slancio ritmico della mano destra e viene fatto seguire da una serie di note che hanno la funzione cadenzale di collegare il tema alla sua ripetizione. A noi la cascata di note non serve dopo le prime due battute, perché non è lì che nella nostra composizione il tema si ripete. Inoltre non avendo scelto d’iniziare con lo slancio dell’arpeggio, una nota ferma al basso appiattisce la texture già non particolarmente vivace. Nella seconda sezione, quando il tema si ripete al minore e quindi non ha più quello slancio e quella freschezza iniziali di quando era stato presentato per la prima volta, l’autore rimedia creando una linea d’accompagnamento che dall’acuto procede al grave con moto ondulatorio: il termine della melodia è sulla nota più bassa toccata dall’accompagnamento.

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Conferiamo lo stesso slancio voluto dal compositore aumentando la durata della nota iniziale e facendola appoggiare sul suo accompagnamento, come accade nella composizione originale. Possiamo prendere ispirazione dalla ripetizione del tema al minore e scegliere una linea che non sia piatta, probabilmente con questo ibrido otterremo una felice soluzione dato che non abbiamo scelto d’iniziare con l’arpeggio e il carattere dello slancio discendente non è così spiccato nella nostra composizione.

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Step 4: Analizza La Microstruttura

Ora che la struttura generale della ripetizione del tema è imbastita, soffermiamoci su qualche dettaglio. Per esempio: cosa succede a livello intervallare? Clementi muove il tema e la sua ripetizione rispettivamente entro intervalli di ottava e nona.

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Sentiamo come suonano i due frammenti se li manteniamo entro questo intervallo.

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Il punto culminante della melodia nelle battute tre e quattro è ora assegnato a un tempo che non è in battere.

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Vediamo se Clementi fa lo stesso:

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A un primo sguardo sembrerebbe di sì, ma se guardiamo meglio ci accorgiamo che il nostro utilizzo è molto diverso da quello di Clementi. Egli utilizza i culmini melodici verso l’alto e verso il basso per preparare lo slancio sul battere delle note seguenti: prima, verso l’alto, prepara una cascata discendente; poi, verso il basso, prepara una rapida ascesa d’introduzione alla nuova tonalità di sol maggiore. Se il nostro risultato ci appariva insoddisfacente perché troppo lontano da quello di Clementi, probabilmente questo è uno dei motivi. Andiamo ad applicare quanto scoperto alle quattro battute del tema:

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Il risultato è più simile all’esito di Clementi rispetto a prima, ma se guardiamo attentamente ci accorgiamo che nella sonatina in do maggiore che abbiamo preso in analisi egli non tocca mai più volte nello stesso tema il punto culminante della melodia:

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Nella nostra composizione invece i punti culminanti della melodia verso l’alto e verso il basso vengono toccati più volte nella ripetizione del tema, cosa che in Clementi non accade. Il motivo di questo banale errore è semplice: se dobbiamo prendere dal tema iniziale la figura ritmica più grande e poi dimezzarla per scrivere le rapide scale ascendenti e discendenti che partono dai punti culminanti della melodia, l’elevato numero di note che possiamo far stare in un tempo ci consente a dire il vero poca creatività. Possiamo individuare i due errori che ci hanno portato a questo punto: il primo è quello di non aver scelto un tema con figure ritmiche ampie, il secondo è quello di aver scritto il brano in una misura composta, che prevede più note per ogni battuta rispetto alla sua relativa misura semplice.

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Pensiamo per un momento a quante considerazioni siamo riusciti a fare sinora sulla composizione di Clementi: anche se erano volte a correggere la nostra composizione, ci hanno detto qualcosa in più sul perché il compositore abbia deciso di scrivere in quattro quarti piuttosto che in nove ottavi, o perché abbia scelto di muoversi entro due intervalli rispettivamente di ottava e di nona. Rispondere a queste domande seguendo un processo più sintetico può richiedere in molti casi, paradossalmente, più tempo (e anzi, spesso ci si può trovare a non sapere da dove iniziare per rispondere). Talvolta infatti ci si potrebbe chiedere perché un brano sia stato scritto in un certo modo compiendo l’errore di cercare una risposta senza considerare le infinite opzioni compositive che sono state scartate: tutto diventa molto difficile, perché senza alcun metro di paragone che relativizzi le scelte attuate dal compositore ci troviamo spiazzati in un infinito oceano di possibili risposte. Invece, procedendo come abbiamo visto, non perdiamo la bussola e possiamo contemporaneamente permetterci di navigare fuori rotta. Più la rotta si farà poco chiara, maggiore sarà l’esigenza di una bussola e viceversa. In questo modo si mantiene un rapporto di scambio e arricchimento con la composizione, dando la stessa attenzione a soggettività e oggettività del fenomeno compositivo.

Step 5: Sintetizza Le Deduzioni E Applica Le Dovute Correzioni

Gli stessi processi che abbiamo seguito fino a questo punto possono essere messi in atto per analizzare e ricostruire il tema secondario, gli stretti, i divertimenti etc., a seconda dello stilema compositivo che abbiamo scelto. Possiamo riassumere la procedura in sette punti pratici (clicca su ogni numero per risalire al punto dell’articolo che ne contiene l’esempio):

Scegli un autore e un modello compositivo.
Distingui in ordine d’importanza gli elementi della composizione a livello macrostrutturale (es. N°1 tema).
Valuta il comportamento di ripetizione degli elementi retorici nella macrostruttura.
Individua segmenti con compiutezza Armonica, Melodica, Ritmica, di crescita, di Sound.
Imbastisci una composizione che imiti concettualmente il modello con le informazioni che hai raccolto.
Analizza un passo per volta eventuali caratteristiche microstrutturali del modello.
Fai somigliare il più possibile la tua composizione al modello servendoti delle analisi compiute.


Al termine di questo processo, le deduzioni che abbiamo tratto devono essere sintetizzate in modelli teorici. Noi lo abbiamo fatto lungo l’intero articolo, ricavando delle ipotesi sulle scelte compositive di Clementi. Esplorando altre composizioni e generi compositivi, ricaverai tutti gli strumenti per arrivare, a un certo punto, ad avere una tua personale intuizione musicale. Ecco una possibile correzione di seguito:

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Il metro è cambiato, anche il tema lo è quasi completamente. Tuttavia notiamo ancora qualche errore. Osserva le frecce. Come vedi, sebbene ora la composizione somigli molto all’originale di Clementi, ci sono ancora dei dettagli che non sono stati presi in considerazione. Il punto culminante della melodia verso l’alto, sul sol, è toccato prima che la melodia scenda rapidamente verso il basso con figure ritmiche che valgono la metà di quella più grande nella prima battuta. Fin qui, è tutto corretto. Ma osserva il punto culminante più basso, sul la: sebbene rimanga entro l’intervallo di ottava che abbiamo individuato all’inizio, perché dal sol al la c’è precisamente una settima, presenta tuttavia un’incongruenza rispetto al modello originale. L’incongruenza è che questo punto più basso è toccato in un momento in cui la composizione non sta risalendo. Oltre questo errore ne puoi notare altri più banali: per esempio il brano inizia con una melodia che parte dalla mediante, che generalmente dà instabilità melodica all’accordo di tonica. Meglio partire sulla tonica in quel punto dove desideriamo appoggiarci con forza per preparare lo slancio successivo, esattamente come fa Clementi.

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In questa versione abbiamo corretto la maggior parte dei nostri errori, il tema è scorrevole sebbene non abbia lo slancio conferito da Clementi, che muove la melodia entro un intervallo di ottava calcolato dalla tonica (mentre noi lo abbiamo calcolato dalla sopradominante, mi-mi e non sol-sol). E tuttavia rimane ancora il problema che avevamo già evidenziato in precedenza, cioè che stiamo toccando più volte i punti culminanti nella seconda ripetizione del tema. Clementi si comporta diversamente, utilizza l’intervallo di nona per conferire slancio alla sezione successiva del brano. Per farlo, non tocca mai due volte lo stesso punto culminante. Questo stratagemma è molto utile da notare, perché è una delle tecniche largamente usate da Clementi per connettere sezioni differenti di una stessa composizione. L’intervallo è più grande rispetto all’ottava entro la quale rimanevamo nella prima sezione del tema, come a voler prendere la riconcorsa da più lontano,

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Questo è il motivo per cui non ti ho detto semplicemente di copiare la composizione, ma ti ho lasciato scrivere mano mano una versione completamente libera di essa. Se non avessimo attraversato questo lungo processo di deduzione, ora sapresti solo ricalcare uno spartito e non potresti ragionare su questo banale frammento. Fai caso al fatto che noi abbiamo toccato il punto più basso della nona nella seconda ripetizione del frammento utilizzando la dominante della tonalità, mentre Clementi utilizza un’alterazione transitoria che era già stata introdotta in precedenza (il fa diesis). Questa alterazione indica chiaramente una modulazione al tono vicino. Come avrai studiato in Armonia, molte modulazioni che trovi nelle composizioni di questo periodo si muovono entro una alterazione in più o in meno rispetto all’armatura di chiave d’impianto, secondo questo schema:

FA MAGGIOREDO MAGGIORE
(IMPIANTO)
SOL MAGGIORE
RE MINORELA MINOREMI MINORE

Una modulazione al tono vicino può saltare tra uno qualsiasi di questi punti, indistintamente. Tornando a Clementi, ci accorgiamo che quel fa diesis stia introducendo la tonalità di sol maggiore perché nessun’altra alterazione transitoria della sesta o della sensibile combacia con la risoluzione così chiara alla tonica come quella indicata dalla cadenza perfetta che troviamo nel brano:

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Clementi si è quindi spostato verso destra nella tabella. Nel nostro brano stiamo usando sol maggiore come tonalità d’impianto, quindi dobbiamo spostarci secondo una tabella differente:

DO MAGGIORESOL MAGGIORE
(IMPIANTO)
RE MAGGIORE
LA MINOREMI MINORESI MINORE


L’alterazione che noi dobbiamo aggiungere è quella del do diesis. Nel nostro brano non lo abbiamo fatto, inoltre non abbiamo dato conferma soddisfacente alla nuova tonalità. Partiamo quindi dalla sensibile della nuova tonalità, come ha fatto Clementi, utilizzandola come punto più basso della seconda ripetizione del tema e muoviamoci da lì. Per farlo, dobbiamo correggere altri due errori: il primo, quello di non aver utilizzato una nota come punto culminante nella melodia discendente. Il secondo, quello di non aver trasposto il motivo del tema una terza più sopra come fa Clementi. Proviamo a farlo rimanendo entro lo schema intervallare illustrato dal compositore e concentriamoci su quanto la scelta di questo preciso orizzonte, di questi precisi limiti verso l’alto e verso il basso a partire prima dalla tonica e poi dalla sensibile della nuova tonalità, ci consentano grande libertà nelle nostre scoperte compositive.

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Procediamo quindi con le dovute correzioni:

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Abbiamo rispettato l’intervallo di ottava nella prima ripetizione del tema, inoltre i due punti culminanti sul do diesis e sul re nella seconda ripetizione del tema sono stati toccati una volta sola. Il secondo inciso è trasposto di terza ascendente, il che adesso fa somigliare a tal punto il nostro brano al frammento originale che qualcuno potrebbe dire se non si sarebbe fatto prima a trasporlo. L’intero processo compositivo mostrato in questo articolo ha in realtà, come abbiamo premesso, il preciso scopo pedagogico di evitare una trasposizione poco ragionata, o il ricalco passivo e meccanico di una composizione. Lascio a te continuare con la ricostruzione delle battute rimanenti, non dimenticare di seguire lo schema che trovi qui.

Conclusioni

Tutti i passaggi che abbiamo seguito sono necessari per rispondere alle complesse domande iniziali e avvicinarsi al pensiero del compositore: ce ne sarebbero molti altri da esplorare, ma per il momento ci fermiamo qui. Non dimenticare di continuare a seguirci, molto presto pubblicheremo nuove pagine come questa dove potrai imparare da compositori e stili sempre differenti. Puoi attivare le notifiche dal banner in alto, o iscriverti al nostro blog per non perdere il prossimo appuntamento, noi ci vediamo nell’articolo di domani!



Matteo Malafronte