Igor’ Stravinskij – La Monografia Completa

Introduzione

In questo articolo parleremo nella maniera più pratica e sintetica possibile di Igor’ Stravinskij (Oranienbaum 1882 – New York 1971), compositore russo e figura centrale del panorama musicale del Novecento. La sua lunga vita è caratterizzata da un continuo sradicamento, dovuto alle vicissitudini belliche del primo Novecento: durante la Prima Guerra Mondiale, Stravinskij si trasferirà in Svizzera; prima della seconda guerra mondiale, in America, acquisendone la cittadinanza. Per tutta la vita Stravinskij è stato un russo che ha vissuto fuori dalla patria. Essere continuamente esule ha giocato un ruolo per quanto riguarda la tendenza a manipolare materiali musicali preesistenti, specialmente in quella che viene chiamata Fase Neoclassica.

Gli Scritti Letterari

Le Cronache Della Mia Vita

Igor’ Stravinskij ci ha lasciato un grande numero di scritti letterari: tra questi Le Cronache della mia Vita, che risale agli anni Trenta, e La Poetica Musicale, un ciclo di conferenze tenuto all’Università di Harvard. Era abitudine per questa Università commissionare cicli di conferenze a compositori noti ed Igor’ Stravinskij non ha fatto eccezione. Per la prima pubblicazione, è molto probabile che Stravinskij si sia servito di un ghostwriter.

La Poetica Musicale

Per quello che concerne La Poetica Musicale, ci sono molte idee e fonti divergenti: non sappiamo e non è certo se anche in questo caso egli si sia servito di un ghostwriter. Certo è che non si può indicare un filosofo della musica in Stravinskij: al contempo, sappiamo che la Musica e il Tempo siano un binomio centrale per la sua riflessione musicale.

Le Conversazioni Con Robert Craft

A questi due libri citati bisogna aggiungere tutta una serie di altre pubblicazioni che cominciarono a venire fuori negli Stati Uniti intorno agli anni cinquanta: si tratta di cicli di conversazioni con lo statunitense Robert Craft, un giovane direttore d’orchestra interessato alla musica più avanzata. Craft venne in contatto con Stravinskij e fu senza dubbio colpito dalla personalità del compositore russo, tanto da diventarne fidato collaboratore. Nelle conversazioni col direttore statunitense, Stravinskij ripercorre molti momenti della sua vita: visto che le riflessioni che il compositore russo ha fatto sul suo percorso creativo si collocano in momenti diversi, bisogna anche avere presente il fatto che a Stravinskij piacque modificare quanto detto a proposito di una composizione: vedremo più avanti un caso eclatante nel racconto de La Sagra della Primavera.

La Formazione E L’Esordio

Stravinskij aveva iniziato a studiare musica da bambino, a nove anni. La sua era una famiglia musicale nel senso che il padre era un basso che cantava nell’opera imperiale di San Pietroburgo. Iniziò a studiare il pianoforte a nove anni; studiò anche composizione, ma in qualche modo il fatto che dovesse dedicarsi alla musica era tutt’altro che certo, anzi il padre nonostante fosse un musicista di professione sperava di fare del figlio un giudice o un avvocato: presto lo costrinse a iscriversi alla facoltà di giurisprudenza. Una sorte simile la ebbe Robert Schumann, che fu costretto a iscriversi a giurisprudenza per poi abbandonarla. Non ebbe una formazione regolare in conservatorio ma prese lezione privata da Rimskij-Korsakov, che era uno dei rappresentati del cosiddetto gruppo dei cinque: nella musica russa dell’ottocento si distingue una tendenza occidentalista che viene per esempio identificata in Tchaikovsky e una tendenza slavofila nazionalista che viene identificata con il gruppo dei cinque: Balakirev, Cezar’ Kjui, dal cui incontro il gruppo ebbe origine, poi Modest Musorgskij (aggiuntosi nel 1857), Nikolaj Rimskij-Korsakov (1861) e Aleksandr Borodin (1862). Questo gruppo slavofilo aveva come obiettivo, tra gli altri, quello di far nascere una produzione musicale con caratteristiche nazionali russe. Questo per esempio poteva essere realizzato guardando alla musica popolare russa. Tra tutti questi compositori quello che ebbe il rapporto più solido con la musica tradizionale russa popolare fu Musorgskij, che tuttavia morì giovane e non entrò in contatto con Stravinskij. Allo stesso tempo alcuni dei lavori più significativi di Musorgskij vennero pubblicati alla sua morte da Rimskij-Korsakov, che fu suo amico, e che pur non avendo un rapporto così stretto con la musica popolare russa come lo aveva Musorgskij si serviva di tecniche che in qualche modo erano legate alla concezione popolare russa, che prevedeva ad esempio scale ottotoniche, dove si alternano toni e semitoni in una scala artificiale producendo intervalli di tritono. Si tratta di una scala che Rimskij-Korsakov insegnava ai suoi allievi di composizione a Pietroburgo. Stravinskij prese da Korsakov lezioni private sulla strumentazione e sulla forma. I primi brani significativi di Stravinskij che furono eseguiti in un concerto a San Pietroburgo furono Scherzo Fantastique, una sorta di studio sulla scala ottotonica insegnata da Rimskij-Korsakov.

Il Periodo Russo (c.ca 1902-1920)

Solitamente la carriera di Stravinskij viene divisa in tre periodi: il Periodo Russo, che prende avvio quando Stravinskij era ventenne (c.ca 1902) ed aveva appena iniziato a prendere lezioni da Rimskij-Korsakov, e termina con le prime composizioni neoclassiche del 1920; il Periodo Neoclassico (indicativamente tra il 1920 e il 1950) e il Periodo Dodecafonico, comprendente gli anni dell’ultima maturità fino alla morte. Il Periodo Russo non va collocato in Russia perché, come già accennato, il successo sulla scena internazionale ebbe a che fare più con la Francia che con la Madrepatria, e in particolare con le commissioni che gli arrivano dall’impresario russo che abbiamo citato anche per Erik Satie, Sergej Pavlovič Djagilev. Per capire quanto forte fosse il sodalizio tra queste due figure, basti sapere che Stravinskij chiese espressamente di essere sepolto accanto all’impresario Djagilev nel cimitero di Venezia. Un esempio di come il Periodo Russo non abbia geograficamente a che fare con la Russia è nei cosiddetti balletti russi, che nonostante il nome non sono mai stati esibiti in Russia: l’obiettivo dei balletti russi al momento della loro nascita era quello di portare in giro per l’Europa delle produzioni coreografiche che vedevano la collaborazione di diversi artisti russi: musicisti, danzatori, scenografi. Successivamente Djagilev iniziò a commissionare balletti e scene anche ad artisti che russi non erano: nell’articolo precedente abbiamo fatto l’esempio di Erik Satie. Djagilev continuò a operare più o meno fino alla fine degli anni venti, poi chiuse i battenti.

Feux D’Artifice E Sergej Pavlovič Djagilev

Con Feux D’Artifice (1908) assistiamo a una composizione che precede L’Uccello di Fuoco e che è caratterizzata da una quasi assoluta immobilità armonica: si tratta di una composizione in mi maggiore dove la tonalità gira sempre intorno a questo perno e non c’è un vero e proprio sviluppo: esistono delle ripresentazioni, leggermente modificate, di idee simili. Anche questa è una caratteristica che ritroveremo a più riprese nella musica di Stravinskij e che avevamo trovato anche in gran parte delle composizioni di Erik Satie. La citiamo poiché al concerto per Feux D’Artifice, probabilmente del 1908, era presente Djagilev. Egli aveva molto fiuto per riuscire a capire il talento dei compositori e certo del fatto che Stravinskij fosse un talento indiscutibile gli commissionò il primo dei tre balletti del periodo russo: questi tre balletti sono L’Uccello Di Fuoco, Petruška e La Sagra della Primavera.

L’Uccello Di Fuoco

L’Uccello Di Fuoco è una composizione che ancora risente dell’insegnamento di Rimskij-Korsakov: si tratta di una delle composizioni di Stravinskij più frequentemente eseguite. Composizione tutto sommato tradizionale, poiché presenta per esempio una contrapposizione tra personaggi naturali e soprannaturali basati sul cromatismo o sul diatonismo. La vicenda del balletto è desunta da una fiaba della tradizione popolare russa, la fiaba del principe Ivan che salva il magico uccello di fuoco e con l’aiuto dello stesso riesce a interrompere gli incantesimi del malvagio mago Kašej che era solito trasformare e pietrificare tutti coloro nei quali s’imbatteva.

Petruška

Meno legato a formule tradizionali è il balletto successivo, ossia Petruška, dove sono chiaramente individuabili per esempio passaggi politonali che suonano contemporaneamente in due tonalità diverse, sono identificabili delle ripresentazioni dello stesso motivo musicale cambiato magari nella successione delle note. Ci sono ovviamente prestiti più o meno identificabili da musiche popolari.

Il Rapporto Con La Musica Popolare Russa

Su questo rapporto della musica di Stravinskij con la musica popolare bisogna aprire una parentesi. Egli ha spesso nei suoi ricordi rimaneggiato a sua convenienza gli avvenimenti. Non solo li ha rimaneggiati ma ha anche fatto delle affermazioni che sono false per quello che riguarda i materiali musicali dei quali si è servito. E questo è evidente nel più famoso dei tre balletti commissionati da Djagilev: La Sagra della Primavera. Probabilmente si tratta di una delle composizioni più importanti della seconda metà del Novecento accanto ad altri lavori come il Pierrot Lunaire Op. 21 di Arnold Schönberg. La vicenda del balletto La Sagra della Primavera è ambientata nell’antichità, in un’epoca della Russia pagana imprecisata: il sottotitolo di questo balletto è quadri della russia pagana. Stravinskij ci dice in un caso di aver avuto la visione di una fanciulla costretta a danzare fino alla morte circondata da un gruppo di anziani. Un rito sacrificale e propiziatorio che avrebbe avuto luogo nella Russia precristiana. In un’altra occasione ci dice che questo era stato un sogno. Da altre fonti però si è riuscito a stabilire che quasi certamente l’idea dello scenario non è di Stravinskij ma di uno dei suoi collaboratori.

La Sagra Della Primavera

Come anticipato, sappiamo che nella prima fase della compagine teatrale di Djagilev gli artisti coinvolti sono quasi tutti russi.

Sergej Djagilev fotografato con Igor’ Stravinskij.

Non ci stupisce quindi che il coreografo dei primi due balletti, Petruška e La Sagra Della Primavera fu russo: si tratta del ballerino Vaclav Fomič Nižinskij. da testimonianze che sono emerse l’idea dello scenario sembra che sia venuta a Nikolaj Konstantinovič Rerich: egli era pittore, scenografo e studioso della civiltà de della cultura russa precristiana. Pare che l’idea di Rerich fosse semplicemente di una cerimonia sacra paleoslava, mentre è probabile che l’idea della cerimonia culminata con il sacrificio umano sia stata proposta da Stravinskij. Come che sia, è certo che Stravinskij dia versioni diverse dell’origine dello scenario. Dal punto di vista culturale, questa scenografia ha a che fare col primitivismo, una tendenza culturale che era diffusa all’epoca in cui questo balletto fu scritto, e che individuava come rimedio ai mali della civiltà moderna una sorta di ritorno alla coesione che caratterizzava le comunità umane arcaiche preistoriche o anche contemporanee: a tutti è noto come il cubismo sia stato influenzato dallarte africana, di cui fanno parte varie culture figurative. Ma il cubismo sicuramente è stato influenzato da maschere rituali africane quindi è presente in esso questo aspetto culturale e se vogliamo anche un po’ oscurantista da un certo punto di vista. La prima rappresentazione de La Sagra Della Primavera fu una catastrofe perché il coreografo Nižinskij, che era un ballerino, aveva concepito i movimenti che assecondavano molto da vicino la musica di Stravinskij: ora questa musica ancora di più che quella degli altri balletti precedenti funziona per giustapposizione di strati, quindi da un momento a quello successivo la musica può cambiare completamente senza che ci sia un passaggio graduale: ora questi atti, questi passaggi non mediati da una musica a una completamente diversa, vennero fatti corrispondere da Nižinskij a movimenti contrastanti: questo andava completamente contro tutto quello che era l’estetica del balletto del suo tempo. La rappresentazione fu un insuccesso clamoroso e la musica addirittura non si riusciva neanche a sentire a causa del brusio dei fischi e dell’indignazione del pubblico evidentemente molto tradizionalista. Stravinskij iniziò a pensare che come balletto non funzionasse. La stessa partitura fu proposta a Parigi qualche tempo dopo ed ebbe un successo clamoroso. Stravinskij fu portato in trionfo dal pubblico dopo l’esecuzione di questo brano in forma di concerto e da allora le esecuzioni in forma di concerto che Stravinskij disse di prediligere decisamente a un certo punto, furono molto più numerose. Evidentemente Stravinskij voleva prendere le distanze dal fiasco della rappresentazione in forma di balletto e diciamo che sempre più col passare del tempo insisté sul fatto che la Sagra potesse benissimo funzionare con musica senza essere destinata alla danza. Riguardo la tendenza di Stravinskij a nascondere molti prestiti di musica popolare russa, si può dire che egli fu un denominatore comune a molta scuola russa dato che guardò anche egli alla musica popolare. Ma Stravinskij dichiarò che la melodia popolare lituana utilizzata in un registro acuto della Sagra, e questo fu smentito dalle ricerche americane successive di Richard Taruskin che mostrò invece come i prestiti di musica popolare furono molto più di quelli che Stravinskij addita. In questo c’era una volontà di Stravinskij a essere riconosciuto come musicista internazionale e non più soltanto russo.

La Struttura de La Sagra

Il balletto della sagra della primavera è diviso in due parti: la prima parte contiene riti di omaggio alla primavera, mentre la seconda parte è il rito sacrificale con cui si conclude il balletto dove vediamo la morte della prescelta che danza fino a morire di fatica. In tutto questo non c’è una sorta d’immedesimazione da parte del compositore nello stato d’animo dell’eletta, anzi essa è presentata come una persona assolutamente in linea con questa volontà della collettività che qualcuno debba sacrificarsi per far tornare la primavera. Rito che effettivamente veniva celebrato nella Russia precristiana, ma non sembra con sacrifici umani. L’orchestra di cui si serve Stravinskij in questa partitura è enorme: non usò più un’orchestra così grande. Come abbiamo anticipato, Stravinskij si trasferì in Svizzera allo scoppio della Prima Guerra Mondiale: qui ebbe a disposizione organici più ridotti. Molto spesso organici cameristici. Nella sagra della primavera invece abbiamo legni a quattro, otto corni, strumenti inusuali per un’orchestra come il flauto contralto. Si tratta di un tipo di orchestra che produce sonorità che ovviamente hanno l’intenzione di rievocare acusticamente il primitivo. Forse proprio questa rievocazione prende forma più famosa in quello che è il primo dei brani della prima parte: c’è l’introduzione affidata esclusivamente all’orchestra, a sipario chiuso, poi il sipario si alza e inizia il primo quadro, con l’indovini primaverili e c’è il famoso accordo che ancora più di quello di Tristan und Isolde di Wagner ha fatto versare fiumi d’inchiostro agli studiosi. Tale accordo viene dimostrato in maniera pratica da Stravinskij in un documento reperibile online al link di seguito:

Quello che si legge sulla partitura è un accordo di fa bemolle maggiore, quindi di mi maggiore se vogliamo considerarlo enarmonicamente, che ha separa un accordo di settima di dominante con nota fondamentale mi bemolle. Stravinskij lo descriveva in questo modo, ma si potrebbe stare per diverse ore a tirare fuori le diverse interpretazioni di questo accordo che sono state date. Di seguito la partitura, a cui seguirà una brave analisi dell’introduzione:

Per ciò che concerne il passaggio dall’introduzione strumentale al primo quadro, noi sappiamo che il primo quadro comprende due sezioni che nella partitura non sono indicate: sono indicate solo nella versione per due pianoforti, che è una trascrizione. Gli auguri primaverili dopo una pausa, al numero ventidue, danza delle adolescenti, che nella partitura orchestrale non è indicata in questo modo, come una sottosezione del primo quadro: troviamo esclusivamente scritto Danza Delle Adolescenti come se fosse un’unica parte dello scenario. C’è un accordo ribattuto, fa bemolle maggiore, contro la settima di dominante costruita su mi bemolle che dovrebbe rinviare alla tonalità di la bemolle, ma è chiaro che nessuna tonalità venga confermata. L’effetto di primitivismo viene enfatizzato dall’arco sempre in giù che viene prescritto. Si tratta di una sorta di preparazione senza alcun accento e quindi il metro indicato è due quarti, ma gli accenti che vengono dati su questo due quarti non è che riproducano il metro di due quarti, perché vedete che sia negli archi che negli otto corni che intervengono laddove è presente l’accento negli archi che sono sempre sforzati con questo accordo così brutale, A proposito di questi otto corni, Stravinskij fece una versione personale con otto corni perché solitamente è difficile trovare otto grandi cornisti per un’orchestra. Solitamente l’organico è consolidato sul numero di quattro, il numero di otto è insolito. Il corno inglese ha delle note che sono re bemolle, si bemolle, mi bemolle si bemolle: girando pagina, alla fine del numero dodici come collegamento tra l’introduzione strumentale e il primo quadro vediamo che c’è un ostinato affidato ai violini primi. Le note sono quelle con cui attacca il corno inglese, che tornerà più volte con questo ostinato che viene accompagnato da due arpeggi affidati a fagotti e violoncelli pizzicati che introducono tra le atre cose due note nuove che non erano presenti negli accordi precedenti cioè do e sol (entrambi al fagotto, col do al violoncello). Poi una serie di accenti imprevedibili, non congruenti col precedente schema metrico. A questo punto iniziano a sovrapporsi degli strati: ritorna l’ostinato del corno inglese ma senza stavolta che s’interrompa l’accordo ribattuto affidato ai fiati. Nello stesso tempo vengono introdotte altre due idee all’ottavino e alla tromba in do. Continua il ribattuto fino a che quattro battute dopo il numero sedici compaiono due nuove idee: una fanfara per quinte staccate che viene affidata ai clarinetti e un’altra idea che viene affidata a flauti e ottavini che togliendo le note accessorie è una successione do si bemolle la sol. Di nuovo la fanfare per note staccate è ha di nuovo la successione si bemolle la sol. Si tratta d’idee che vengono tolte, sovrapposte, rimesse, non esiste una vera e propria idea di sviluppo. Dal diciannove ricomincia l’accordo ribattuto con l’introduzione di un’idea che viene da un canto popolare russo che viene affidato al fagotto: quest’ultimo presenta l’idea più volte finché abbiamo una sorta di scambio con l’oboe. La prima sezione, quella che corrisponde agli auguri primaverili, s’interrompe con una pausa e inizia la danza degli adolescenti. Abbiamo sottolineato una caratteristica della musica di Stravinskij, ossia che essa possa essere composta a strati e a sezioni contrastanti l’una con l’altra che si susseguono. Il coreografo Nižinskij aveva fatto corrispondere i movimenti che caratterizzano la musica di Stravinskij a cambiamenti repentini registici. Stravinskij sottolinea che quando a Parigi la Sagra era stata eseguita non in forma di balletto ma in forma di concerto c’era stato un successo clamoroso. E questo ha anche determinato un certo dissapore con Djagilev che era colui ad aver scoperto Stravinskij quando era ancora sconosciuto. Come abbiamo anticipato, egli ne aveva intuito le capacità e ne aveva commissionato in stretta successione i famosi tre balletti nominati in precedenza. Djagilev godeva degli insuccessi perché da impresario di un balletto d’avanguardia sapeva che gl’insuccessi avrebbero fatto parlare molto del lavoro che veniva rappresentato. Stravinskij non aveva grande simpatia per gli insuccessi infatti era molto più contento dell’esito trionfale che la partitura ebbe in forma di concerto. Tornò più volte sulla valutazione intorno a quest’opera dicendosi convinto del fatto che fosse da preferire una sua presentazione in forma di concerto. Bisogna anche tenere presente che questo cambiamento queste considerazione fatte a posteriori su questo balletto avevano a che fare con un cambiamento della sua visione della musica. Apro una piccola parentesi: nella lezione precedente dicevamo che Stravinskij ci ha lasciato un certo numero di testi teorici, di riflessioni sulla musica, e tutti questi testi teorici e riflessioni sulla musica in forma o di saggio o d’intervista specialmente quelle rilasciate da un suo collaboratore e direttore Robert Craft risalgono tutte non alla prima fase della sua attività compositiva ma partono al successivo periodo che è stato chiamato neoclassico. Oggi torneremo su questa etichettatura: Stravinskij soltanto in un paio di occasioni si è servito di questa etichetta che evidentemente non gli piaceva particolarmente. Consideriamo che la coreografia di Nižinskij dopo l’insuccesso dell’ultima rappresentazione era stata messa definitivamente da parte, ma questa versione è stata ricostruita e a titolo di curiosità è interessante guardarla per avere un’idea, si trova al link di seguito:

Il Periodo Neoclassico (1920-1950)

La fase immediatamente successiva della vita di Stravinskij lo vede trasferirsi in Svizzera per sfuggire alle vicende belliche. La Svizzera è notoriamente un paese neutrale, che si è tenuto fuori dalle due guerre mondiali. Stravinskij preferisce continuare la sua attività in Svizzera piuttosto che restare in Francia che è una delle nazioni coinvolte nel primo conflitto mondiale. Le composizioni che Stravinskij scrive in Svizzera sono caratterizzate quasi tutte da organici decisamente ridotti e cameristici. In questo Stato Stravinskij, facendo di necessità virtù, inventa delle forme molto originali di teatro musicale: si deve sottolineare senz’altro l’originalità delle innovazioni al teatro musicale che Stravinskij porta avanti. Probabilmente la partitura più significativa in questa fase della vita di Stravinskij è la Histoire Du Soldat, un lavoro che ci fa capire in modo abbastanza chiaro la lontananza di Stravinskij rispetto agli ideali del teatro musicale di Wagner, che aveva proposto nell’Ottocento di riunificare le arti sorelle, la Poesia, la Musica, la Danza, che sarebbero state insieme armoniosamente nell’antica tragedia greca e che poi il corso della storia avrebbe separato. Wagner col suo dramma musicale si riproponeva di rimetterle insieme. Stravinskij va nella direzione decisamente opposta. In questo lavoro di teatro musicale c’è un narratore che non coincide con i mimi. Quindi si tratta di una direzione diversa rispetto a quella di Wagner. Renard prevede che sulla scena ci stiano dei mimi e dei cantanti stiano in mezzo all’orchestra. Questi due lavori hanno in comune la vicenda che è tratta da un libro molto caro a Stravinskij che è la raccolta di fiabe popolari russe che è stata realizzata nella seconda metà dell’ottocento da un folklorista russo chiamato Alexander Afanasyev. Nella Histoire sono due le storie ad essere messe in combinazione, a dimostrazione del fatto che Stravinskij sia ancora legato alla Russia, perlomeno il legame con la Russia in questi due lavori è evidenziato dalla scelta della fonte della vicenda che come dicevamo si trova nella raccolta di Afanasyev: quello che forse diventa meno evidente in Stravinskij è l’utilizzo di materiale musicale folkloristico russo.

Histoire Du Soldat

Histoire Du Soldat è la storia di un violinista che vive una continua contrapposizione tra affetti e ricchezza. In questo lavoro forse per la prima volta Stravinskij introduce delle musiche preesistenti che vengono trattate in modo parodistico. Non è inutile anzi forse è abbastanza importante citare anche l’organico di questa composizione. Si tratta di una composizione che ha una direzione diametralmente opposta, dal punto di vista orchestra, rispetto alla sagra della prima vera. Utilizza un violino e un contrabbasso, gli ottoni, un trombone, legni eccetera. In altre parole, tra gli strumenti più gravi di cui si può dotare un organico. Abbastanza evidente l’influsso del jazz, che si trova anche nelle musiche di altri compositori di area francese della prima metà del novecento (Erik Satie, Claude Debussy e Maurice Ravel). Anche Stravinskij è contagiato dal Jazz. In realtà quest’ultima differenza di altri compositori, quando scrive questa partitura non ha mai sentito il Jazz. Ha visto delle partiture di Ragtime che gli sono state presentate, ma non ne ha mai avuto un’esperienza diretta. A un certo punto della vicenda, il soldato libera la principessa grazie al libro magico: il soldato e la principessa eseguono a questo punto tre danze, una è un tango, l’altra è un valzer è la terza danza è un Ragtime.

Nella fase svizzera di Stravinskij iniziano a comparire elementi di quello che sarà il periodo neoclassico, vale a dire l’uso di materiali musicali preesistenti, l’uso di note volutamente sbagliata, questa sarà una caratteristica che troveremo nel periodo neoclassico di Stravinskij che viene fatto iniziare da una composizione che nasce come balletto e che gli viene commissionata sempre da Djagilev, ossia Pulcinella. Djagilev gli aveva dato una commissione ben precisa: voleva che si servisse di musiche che lo stesso Djagilev aveva trovato nella biblioteca del conservatorio di Napoli, musiche che allora erano state attribuite a Pergolesi. Successivamente si è scoperto che molte delle musiche utilizzate da Stravinskij in questo balletto non appartengono a Pergolesi ma a un musicista veneziano assai poco conosciuto che si chiamava Domenico Gallo. Non aveva molta importanza che quelle musiche fossero di Pergolesi o di Gallo, l’importante è cosa Stravinskij fa con questo materiale musicale. Lo manipola in modo da farlo diventare qualcosa d’altro rispetto al punto di partenza. Questo risultato lo ottiene facendo diventare regolari frasi che erano irregolari; lo ottiene aggiungendo delle note sbagliate o strumentando in un modo che nel Settecento non si sarebbe mai utilizzato.

Il punto di partenza settecentesco è abbastanza evidente, ma è altrettanto evidente che non possa essere musica di questo periodo con tutte queste strumentazioni inusuali. Stravinskij non voleva fare un calco di Pergolesi: voleva, partendo da musiche non sue, scrivere qualcosa che fosse una composizione che non aveva niente a che fare con l’originale e che non si potesse confondere col punto di partenza. Il Neoclassicismo di Stravinskij non funziona sempre in questo modo. Le trasformazioni di vere e proprie musiche del passato nel periodo neoclassico di Stravinskij sono piuttosto rare, le uniche che si possono citare sono Pulcinella e Il Bacio della Fata che si serve di musiche di Tchaikovsky. All’estremo opposto rispetto all’uso di vere e proprie musiche del passato manipolate ma non troppo si trovano composizioni che presentano caratteri stilistici di altre epoche ma sono combinati con elementi che rendono difficile un’identificazione univoca. Esempi in questo senso sono la sinfonia dei salmi del 1930 e la sinfonia in tre movimenti del 1945. Gran parte della produzione neoclassica di Stravinskij è caratterizzata da caratteri stilistici o formali tipici di altre epoche che si possono individuare ma che sono usati come punto di partenza per composizioni che diventano assolutamente originali. Nell’ottetto del 1923 c’è un riferimento al contrappunto bachiano, in Mavra un riferimento alla musica nazionale russa del XIX secolo.

L’Ottetto Per Fiati

Stravinskij era politicamente un conservatore quindi non ha mai voluto avere qualcosa a che fare con la rivoluzione d’ottobre e non è mai tornato in patria. Si è sempre sentito in qualche modo un esule. Rispetto ai paesi che lo avevano ospitato, compresi gli Stati Uniti dove prese nazionalità statunitense pur non sentendosi mai americano. Un ruolo che probabilmente influì sulla disinvoltura con cui egli interagiva con musiche di altre epoche facendole proprie in un’operazione da vampiro tra virgolette. In questo periodo Stravinskij inizia ad elaborare le sue teorie sulla musica. Uno dei primi lunghi testi teorici è quello che pubblica a proposito dell’ottetto, un lavoro del 1923 che ha un primo movimento in forma sonata, un secondo movimento in forma di tema e variazioni e un ultimo movimento con un contrappunto bachiano. Vediamo cosa scrive Stravinskij a proposito di questo lavoro:

Il mio ottetto […] è un’opera fondata su elementi oggettivi che sono autosufficienti.

Igor’ Stravinskij

Questo è un caso di dimostrazione del suo credo antiespressivo e anti-espressionista. Per Stravinskij la musica è costruzione, non espressione. Il tentativo dell’artista di mettere la sua personalità nel brano è sempre risultato a Stravinskij qualcosa d’inaccettabile. Questa allergia nei confronti dell’espressione sarà portata con sé da Stravinskij fino agli ultimi anni di vita.

Le ragioni per le quali ho composto questo genere di musica sono le seguenti primo perché questo complesso forma una gamma sonora completa e mi fornisce di conseguenza un registro quanto basta ricco: secondo perché la differenza di volume sonoro di cui questi strumenti sono dotati rende più evidente l’architettura musicale. E quest’ultima è l’esigenza più importante da tutte le mie composizioni recenti.

Igor’ Stravinskij

Back To Bach

Il riferimento a Bach subito dopo la fine della prima guerra mondiale è molto frequente al punto che ci sono stati critici musicali ad essersi serviti dell’espressione del gioco di parole inglese back to Bach, ed effettivamente di queste allusioni a Bach negli anni che vanno dal 1920 al 1940 se ne trovano tantissime. Si possono fare facilmente nomi di compositori che palesano questi ammiccamenti a Bach. In Schoenberg si parla di un polo opposto rispetto a Stravinskij, ma ci sono stati alcuni studiosi come l’americano Charles Rosen, che sostengono che anche in Schoenberg ci sia sato un periodo neoclassico successivo al periodo dodecafonico. Se ci si fa caso la suite per pianoforte op. 25 occhieggia alla suite di Bach. Detto questo quando Schoenberg scrive la sua prima composizione dodecafonica guarda a Bach. Dal punto di vista della struttura formale questa suite ricalca le suite di Bach, anche se la musica non suona sempre come qualcosa di simile a Bach. Questo ritorno a Bach è stato un denominatore comune nella musica tra le due guerre in molti compositori: pensiamo a esempio a Bartok, dove troviamo qualcosa di questo genere. Si etichetta spesso Stravinskij e tutto questo periodo compreso tra le due guerre come neoclassicismo: quando in musica parliamo di questa corrente si pensa innanzitutto alla prima scuola di Vienna. Effettivamente Stravinskij ha occhieggiato anche a questa Scuola, ma la stragrande maggioranza dei compositori del periodo barocco sono i veri oggetti del procedimento parodico o trasformativo del materiale musicale. Per questo il riferimento alla classicità contenuto nel termine neoclassico è considerato improprio da alcuni compositori. Questa etichetta è entrata nell’uso e in qualche modo bisogna fare i conti con essa.

Dumbarton Oaks for Chamber Orchestra

In un’altra composizione di Igor Stravinskij, chiamata Dumbarton Oaks for Chamber Orchestra e composta tra il 1937 e il 1938 il riferimento a Bach è evidente.

In cronache della mia vita abbiamo un testo che sembra non essere dovuto esclusivamente alla mano di Stravinskij, che sembra si sia servito di un ghostwriter che non è stato identificato. In un passo sta parlando del suo periodo trascorso in Svizzera durante la prima guerra mondiale e parla del suo piacere nell’immergersi nella lettura della poesia popolare russa.

Ciò che mi attraeva in quei versi, non erano tanto gli aneddoti, spesso truculenti, né le immagini o le metafore sempre deliziosamente impreviste, quanto la successione delle parole e delle sillabe, e la cadenza che prova e produce sulla nostra sensibilità […] Se la Musica sembra esprimere qualcosa, si tratta di un’illusione e non della realtà, di un elemento convenzionale che […] le abbiamo prestato un’etichetta o un’esteriorità che per abitudine […] abbiamo confuso con la sua essenza. La Musica è il solo dominio nel quale l’uomo realizza il presente. A causa dell’imperfezione della sua natura, l’uomo è destinato a subire il passar del tempo senza poter mai rendere reale, e pertanto stabile, quella del presente. Il fenomeno della musica ci è dato al solo scopo di stabilire un ordine nelle cose ivi compreso, e soprattutto, un ordine fra l’uomo e il tempo. Per essere realizzato esso esige pertanto necessariamente e unicamente una costruzione. Fatta la costruzione, raggiunto l’ordine, tutto è detto. Sarebbe vano cercarvi o aspettarsi altro. è proprio questa costruzione, questo ordine raggiunto che produce in noi un’emozione di carattere del tutto particolare, che non ha niente in comune con le nostre sensazioni correnti e le nostre realizzazione dovute a impressioni della vita quotidiana.

Igor’ Stravinskij

Stravinskij si trasferisce negli stati uniti dove viene incaricato di tenere un ciclo di conferenze all’università di Harvard. Ciclo che ha poi pubblicato. Anche qui non sappiamo quanto Stravinskij sia stato aiutato da un ghostwriter, ma non è strano che egli torni su questa questione del rapporto con il tempo. In una di queste conferenze sulla poetica della Musica egli distingue tra tempo psicologico e tempo ontologico. Secondo Stravinskij ci sono musiche che fanno riferimento a un tempo psicologico e musiche che fanno riferimento a un tempo ontologico. Un suo amico conterraneo che si chiamava Pëtr Suvcinskij, era filosofo e scriveva anche sulla musica: egli è stato fonte importante per gli spunti di Stravinskij. Le fonti di Pëtr Suvcinskij forniscono a Stravinskij materiale per distinguere tra tempo ontologico e tempo psicologico. Il secondo tipo di tempo, è quello degli stati d’animo: a tutti capita di dire che una determinata giornata sia trascorsa velocemente. Ciò che è cambiato non è la velocità con cui si sono mosse le lancette dell’orologio ma il nostro modo di percepire il trascorrere del tempo in relazione al nostro essere più o meno coinvolti in ciò che stiamo facendo. Verosimilmente se siamo più coinvolti abbiamo l’impressione che il tempo trascorra più velocemente. In Poetica della Musica, Stravinskij scrive:

La musica legata al tempo ontologico è generalmente dominata dal principio di somiglianza: quella che si rifersice al tempo psicologico procede volentieri per contrasto. A questi due princìpi che dominano il processo creativo corrispondono le nozioni essenziali di varietà ed uniformità.

Igor’ Stravinskij

La Sinfonia Dei Salmi

Abbiamo parlato di Pulcinella, dove Stravinskij si serve di materiale precostruito, due composizioni neoclassiche dove esistono degli espliciti riferimenti a Bach che non usano suo materiale: la terza categoria di composizioni neoclassiche di Stravinskij è quella di cui non possiamo trovare espliciti riferimenti né stilistici né di matrici formali. Un esempio di quest’ultima categoria è la Sinfonia dei Salmi:

In partitura sono assenti gli archi acuti. Il sacro per Stravinskij è il contrario dell’umano, il contrario del sentimento e dello stato d’animo umano. In questa composizione egli preferisce non usare archi acuti, ritenuti strumento meno adatto allo scopo rispetto ai fiati. L’introduzione è basata su una scala ottotonica costruita sul mi: in questa sezione troviamo una parte strumentale che passa prima al mi frigio, con tutte le note che vanno dal mi al mi senza l’uso di alterazioni, che poco dopo diventa ottotonico; un ottotonico che che per qualche battuta tende ad avere un centro tonale centrato più sul sol che sul mi. A produrre la gravitazione attorno al sol è l’insistenza. Dopodiché inizia l’intonazione del testo: questa sezione è come se fosse una struttura ad arco con al centro la sezione più lunga di tutta la composizione che è quella in cui il salmista fa riferimento alla sua stessa condizione (“esaudisci la mia richiesta, Signore”). Cambia unità di movimento, che da semicroma passa a croma, per tornare nella transizione alle semicrome e poi alle crome e così via: c’è una sorta di alternanza tra mi ottotonico e mi frigio, con questo spostamento di unità movimento dalla croma alla semicroma. Il culmine si trova nella sezione centrale. Stravinskij affermò di subire un particolare fascino dal latino dei testi liturgici in quanto lingua morta: questa lingua resta una lingua pietrificata. Non è strano che nella misura in cui sia sempre esistito il grande amore di Stravinskij per ciò che è morto, egli abbia pensato di servirsi nel suo oratorio Oedipus Rex proprio della lingua latina.

Il Periodo Dodecafonico (c.ca 1950-1971)

Il Periodo Dodecafonico in Stravinskij si caratterizza per un continuo stratificarsi, a dire il vero graduale, di una pratica sempre più stretta di composizione dodecafonica. Le prime composizioni di questo periodo, che si servono di una tonalità allargata ma pur sempre presente, sono radicalmente diverse all’ascolto rispetto agli ultimi lavori incentrati su una dodecafonia assoluta.

Threni, id est Lamentationes Jeremiae Prophetae

Un esempio di composizione in cui l’intento dodecafonico appare totale è Threni, id est Lamentationes Jeremiae Prophetae. Di seguito l’ascolto:

Conclusioni

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Matteo Malafronte