Canto Gregoriano – Riassunto Ed Esempi

Introduzione

In questo articolo vorrei parlarti nel modo più pratico e sintetico possibile del canto gregoriano, nato nel IX secolo sotto l’impulso dell’esigenza di coniugare gli usi della ritualistica romana con quelli della tradizione gallicana. Ma facciamo un passo indietro e osserviamo dalle basi le ragioni di questo fenomeno.

Ut Queant Laxis, inno gregoriano da cui sono stati tratti i moderni nomi delle note e di cui abbiamo parlato più approfonditamente in un articolo apposito che puoi trovare qui.

Le Origini: Il Progetto D’Unificazione Del Rito Cattolico

Abbiamo detto che il canto gregoriano è nato come insieme delle tradizioni ritualistiche romane e gallicane. In altre parole, fu in origine un canto romano-franco. Quello che ancora non ci è chiaro è perché i vescovi franchi vollero unificare le tradizioni della loro ritualistica a quelle della Chiesa di Roma. Il primo dato su cui dobbiamo soffermarci è che il rito cristiano aveva perso la propria unità, che aveva mantenuto grossomodo fino al II secolo, a causa delle grandi diversità esistenti tra le culture e le comunità nelle quali si era diffuso. Pensiamo a quanto poteva essere diversa, per ambiente, la tradizione musicale di Gerusalemme rispetto a quella presente a Roma; sul fronte della ritualistica, possiamo immaginare quanto più essenziale fosse quella romana rispetto alle ridondanze orientali. Queste diversità si riflettevano nella struttura del rito, che poteva essere adattato alle esigenze sociali, culturali, ambientali eccetera di un determinato luogo. Secondo un uso che è proprio della Chiesa Cattolica, ovvero quello d’unificare le proprie manifestazioni e centralizzare quanto più possibile il rito, si cercò a partire dal IX secolo di unificare la struttura musicale delle cerimonie religiose. Questo processo partì da esigenze politiche: Papa Stefano II si era avvicinato al re dei Franchi Pipino Il Breve per trovare un valido alleato contro l’avanzata apparentemente inarrestabile dei longobardi. Sarà proprio quando Stefano II entrerà in contatto con gli usi della chiesa gallicana che inizierà il processo di unificazione dei due riti, poiché il pontefice si accorgerà immediatamente delle profonde diversità cerimoniali. Si può dire, in altre parole, che l’impulso politico fu dato proprio da Papa Stefano II, ma che anche i franchi, dal canto loro, avevano tutto l’interesse a creare un legame più forte con la Chiesa di Roma, allineandosi al rito unico in modo da conferire al proprio regno il prestigio di una comunione con le modalità ritualistiche del papato: intravediamo in questa scelta i primi germogli di quello che sarà chiamato Sacro Romano Impero.

Carlo Magno

Carlo Magno proseguì il progetto del padre Pipino Il Breve, e attuò il passaggio fondamentale di abolizione del canto gallicano in favore di quello romano. Inutile dire che questo cambiamento facilitò enormemente il processo di unificazione rituale e permise la creazione di legami più stabili e profondi tra le colonie e i territori conquistati, preparando definitivamente la nascita del Sacro Romano Impero.

Perché Un Canto Romano-Franco?

Ciò che abbiamo detto sinora non spiega ancora la nostra considerazione iniziale, quella secondo la quale il canto gregoriano sia assimilabile a un canto romano-franco. In particolare, con l’abolizione del canto gallicano a favore di quello romano, sembra che il canto gregoriano non sia altro che frutto di una importazione nei territori franchi del canto romano. In realtà per la realizzazione dell’unificazione della ritualistica, la Chiesa di Roma mandò oltralpe veri e propri esperti, gregorianisti in grado d’insegnare l’arte del canto di Roma presso le chiese anglicane. Queste melodie, che per i franchi apparivano spesso del tutto nuove, vennero fissate per iscritto per facilitarne la copia e la riproduzione, ed è proprio in questo atto che avvenne una vera e propria contaminazione tra i due repertori, quello già esistente dei franchi e quello che veniva loro trasmesso dalla Chiesa. Non dimentichiamo inoltre che i vescovi d’oltralpe sapevano che le differenze nella ritualistica non erano frutto di mere fantasie, ma di sedimentazioni territoriali e culturali che dovevano giocare un ruolo essenziale nell’assorbimento e nella tradizione dei nuovi canti; per questo e altri motivi, i monaci franchi sentirono l’esigenza di adattare i canti di Roma agli usi della ritualistica franca. Ben presto si ritenne in modo alquanto arbitrario su un piano storico che questo nuovo canto, nato attraverso il complesso sistema di necessarie contaminazioni che abbiamo appena descritto, fosse opera di Papa Gregorio Magno (vissuto circa tre secoli prima): da qui il nome di canto gregoriano.

La Funzione Del Canto Nel Rito Cattolico

La liturgia cattolica ha il suo centro nella messa, celebrata quotidianamente. La domenica avviene il rito più importante, ma le funzioni musicali rimangono pressoché le stesse durante tutto l’anno liturgico: i brani che fanno parte dell’organico chiamato ordinarium vengono cantati in ogni messa, con piccoli adattamenti in occasione di precisi momenti dell’anno; del proprium fanno parte quei brani che vengono cantati, anche in forma variata, in occasione di specifiche festività. Tutti i canti della liturgia fanno parte di due raccolte: il Graduale per la messa e l’Antifonario per l’Ufficio. Infatti, l’organizzazione dell’anno liturgico in Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua (e Ordinario per tutto il resto del tempo) è prerogativa della vita ecclesiale, ma i monaci del IX scolo seguivano una ritualità differente denominata Ufficio delle Ore, articolato in una giornata liturgica che consta di vari momenti di preghiera e celebrazione.

MattutinoOre 2
LodiOre 5
Prima OraOre 6
Terza OraOre 9
Sesta OraOre 12
Nona OraOre 15
VespriOre 17
CompiètaOre 20

Sia nell’Ufficio che nella messa il rito è cantato. Ecco perché nel tentativo d’unificazione della ritualità franca a quella romana (nella forma del canto gregoriano) viene data così tanta attenzione all’aspetto musicale della celebrazione: al suo interno, canto e rito non possono essere scissi. La funzione della musica era quella di subordinarsi alla parola per chiarificarne il significato e la pronuncia. Ecco infatti che la linea melodica essenziale poteva servire ad articolare con più efficacia parole che sarebbero state difficili da comprendere a voce nuda, senza un accompagnamento o un’intonazione che gli permettesse di attraversare le navate romaniche. Un esempio architettonico suggestivo è rappresentato dalla Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta, situata nel comune di Magliano de’ Marsi (AQ), nei pressi della frazione di Rosciolo, in Abruzzo. La chiesa era stata concepita originariamente come un monastero, e rappresenta uno dei più importanti esempi italiani di chiesa romanica di origine benedettina. L’architettura esterna ricalca i declivi del retrostante monte Velino. Di questa chiesa abbiamo una descrizione suggestiva nella letteratura di Anne McDonnell:

«È molto facile che S. Maria nella Valle sfugga all’attenzione del viaggiatore perché si trova molto distante dalla strada principale, che conduce altrove. Molti ci guardano con occhi spalancati, quando ci rifiutiamo di prendere la carrozzella per andare a Rosciolo, ma è magnifico salire a piedi attraverso la campagna dorata; nell’aria c’è una luce vivida ed il magnifico panorama della Valle Porclaneta ci induce a proseguire. La strada, che porta al tempio, passa sotto il villaggio, senza attraversarlo. Rosciolo è il paese da cui gli alpinisti partono di notte per scalare il Velino ed allora la strada si fa impervia ma non priva d’ombra. Per le popolazioni che vivono lì attorno, il Velino è un amico; sui pendii esse raccolgono erbe medicinali ed alzano lo sguardo su questa montagna per trarre previsioni meterologiche. Da Rosciolo la strada sale e quando sembra di scontrarsi con la parete posteriore della valle, ecco la nostra S. Maria che si trova sotto un’erta collina boscosa, in capo al mondo e del tutto isolata. Non ci sono più di due case, là dove un tempo esisteva un paese fiorente “Villa Maggiore”, che si presume sia stata distrutta da Carlo D’Angiò per aver offerto aiuto a Corradino. Quel che resta della chiesa non sembra degno di nota: una struttura simile ad un granaio con un’elegante abside ed una finestra esposta a sud. Il portico è aperto e sembra che a volte sia usato come stalla. Questo monumento nazionale è senza dubbio un rifugio veramente utile. Sul portale vi è una lunetta con un delizioso affresco, rappresentante Nostra Signora con degli angeli ai lati, che risale ai primi del XIV secolo. Un viaggiatore inglese, che passava di qui, pensando che fosse sprecato in questa landa desolata, si offrì di comprarlo; fece un’offerta piuttosto alta e si sorprese quando non ottenne ciò che voleva. È giusto preoccuparsi per la sua incolumità, anche se esso è trattato con rispetto dai mandriani, che fanno alloggiare mucche e muli sotto un tale affresco. Il portale della chiesa è sprangato e le case vicine sono vuote.»

Anne MacDonell, “Negli abruzzi”, 1908.
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Questo gioiello, oltre a rappresentare una soluzione di continuità, almeno nella propria storia, tra il mondo monastico e quello ecclesiale (poiché come abbiamo detto fu in origine un monastero benedettino), viene citato troppo di rado dai manuali di Storia dell’Arte. Esso contiene al proprio interno un esempio integro di iconostasi lignea: alcuni studiosi lo ritengono l’unico esempio in Europa a presentare questo stato di conservazione.

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Come vediamo dall’immagine in alto, l’ambiente della chiesa romanica era molto intimo, e il canto gregoriano poteva essere ascoltato con grande efficacia. In base a quante note conteneva ciascuna sillaba, lo stile dei canti si distingueva in:

Stile SillabicoUna nota per ciascuna sillaba del brano
Stile Semi-OrnatoUna o più note per ciascuna sillaba del brano
Stile MelismaticoMolte note per ciascuna sillaba del brano

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La Sacralità Del Canto Gregoriano

Intorno al IX secolo il Canto Gregoriano divenne convenzione ufficiale della Chiesa cattolica, e per questo motivo iniziò a essere considerato sacro. Questa nuova connotazione lo rese di difficile elaborazione: i testi iniziarono a non essere più rimaneggiati, non potevano essere modificati in nessuna delle loro parti o sostituiti. Per questo motivo tutta la creatività dei compositori iniziò a spostarsi su brani che avevano un ruolo marginale nella liturgia, fino all’interpolazione di parti musicali in canti già dati, che in questo modo restavano integri. Queste aggiunte commentavano i brani e vi aggiungevano chiarimenti teologici.

Tropi E Sequenze

La massima espressione di queste nuove interpolazioni fu rappresentata da tropi e sequenze. I primi rappresentavano interpolazioni di vere e proprie melodie, testi o testi su melodia a un canto liturgico, che poteva appartenere indipendentemente alla messa o all’Ufficio; le seconde, erano aggiunte al canto Alleluia, parte essenziale del rito nella messa, e più precisamente rappresentavano aggiunte di testo sillabico che veniva costruito sul melisma finale.

Sia Tropi che Sequenze furono aboliti con il Concilio di Trento (1545-1563) nel Cinquecento: delle sequenze sopravvissero solo quattro esempi che erano considerati ispirati dallo Spirito Santo:

TitoloContesto D’EsecuzionePeriodo e Autore (se noto)
Victimae Paschali LaudesMessa di PasquaAttribuita a Wipo, Secolo X
Veni Sancte SpiritusMessa di PentecosteSecolo XI
Lauda SionMessa del Corpus DominiSecolo XIII
Dies IraeMessa di RequiemTommaso da Celano, Secolo XIII

I Tropi diedero origine a quel genere polifonico che avrà tanta fortuna nella ritualistica posteriore: il conductus. Questo era un brano costruito appositamente per accompagnare gli spostamenti del celebrante. Siamo in un momento decisamente successivo, e in uno stile musicalmente differente se consideriamo che sarà già avvenuto il complesso passaggio dalla monodia alla polifonia, di cui parleremo in un prossimo articolo.

Conclusioni

Per questo articolo sul canto gregoriano è tutto, avremo occasione di analizzare più in dettaglio questo fenomeno parlando in specifico delle partiture che potrai trovare nella sezione di Analisi Musicale. Non dimenticare d’iscriverti al nostro form e-mail per ricevere una notifica ad ogni pubblicazione di un nuovo approfondimento. Noi ci vediamo nell’articolo di domani!

Matteo Malafronte